Un consiglio? No, una domanda!
Rispetto all’approccio consulenziale o manageriale tradizionale, in cui il consulente (e io ne so qualcosa, visto che ho svolto per anni la professione di consulente di direzione e organizzazione aziendale) o il manager professa l’arte del “dire cosa fare”, il cambiamento di mentalità è drastico. Bisogna rinunciare sia a dire cosa fare in ogni circostanza sia a insegnare in modo dogmatico, ossia, per dirla in parole semplici, alla formula tipica dei guru: “si fa così perché lo dico io che sono il massimo esperto in materia”.
Vuoi che te la racconti io? Ok, clicca e guarda il video...
La strategia delle domande
Questo approccio inizialmente può creare un certo disorientamento, perché chi da anni è abituato a sentirsi dire cosa deve fare può trovare strano che un bel giorno qualcuno chieda la sua opinione e cerchi di far emergere il suo senso di responsabilità. Ecco perché se faccio coaching a un cliente che era abituato al SuperConsulente (e vale anche per il manager che impara a fare coaching ai propri collaboratori) non gli dico “cosa deve fare” ma gli rivolgo delle domande per far aumentare la sua consapevolezza.
I miei libri: “Atleta Vincente”, che contiene 47 strategie per diventare campioni nello sport e nella vita, e “Pillole di Coaching”, che propone 60 Esercizi di allenamento mentale e 40 Domande Potenti per diventare mental coach di sé stessi.
E quali sono le domande fatidiche che fanno scattare consapevolezza e responsabilità? Immagina una partita a scacchi: su una scacchiera da 64 caselle ci sono 32 pezzi, ma quello che viene definito l’albero delle mosse possibili è un numero pazzesco, qualcosa come un 10 seguito da 123 zeri. Ebbene, il coaching è molto simile a una partita a scacchi, perché le “regole” del gioco sono sempre le stesse, ossia si parla di obiettivi, di realtà da cui partire, di possibili opzioni tra cui scegliere e di azioni da compiere in un determinato tempo, però le combinazioni tra domande e possibili risposte sono pressoché infinite. È tutto molto più semplice e naturale di quel che si possa immaginare, un po’ come è naturale che una mamma faccia coaching al proprio figlio quando lo stimola ad apprendere una nuova abilità. Il difficile è abbandonare la vecchia logica del comando e del controllo, e dunque delle domande fatte per verificare, per passare a una strategia in cui le domande, a cui è necessario fornire risposte sincere e spontanee, fanno emergere consapevolezza e generano responsabilità personale.
Il successo e il raggiungimento dei nostri obiettivi, lo ribadisco, dipendono dalle nostre azioni e dalle nostre scelte, non dalle scelte degli altri, consulenti o manager che siano.
È il momento di agire!
Che ne pensi di lasciare proprio tu il primo commento qui sotto? Come dico sempre, “alza le chiappe dal divano e muoviti, fai il primo passo verso il tuo obiettivo”, e anche rompere il ghiaccio con un’opinione o una domanda è un modo per uscire dal torpore e passare all’azione, non credi? ;)