L’importanza di “fare squadra”
All’inizio del 2016 sono stato ingaggiato da Alessandro Nicotra Di San Giacomo, ex atleta e attuale allenatore della Nazionale Egiziana di trap, in vista delle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Ne ho già parlato nella Pillola 94. In pochi mesi di lavoro, svolto nel rispetto della Formula dell’Atleta Vincente, ossia competenza tecnica e fisica, onere di Alessandro, più potenza mentale, compito mio, abbiamo raggiunto l’obiettivo di portare il giovane egiziano Ahmed Kamar non solo alla finale dei Giochi Olimpici, ma addirittura allo shoot-off per una medaglia, miglior risultato di sempre per un tiratore africano.
Siamo partiti da zero e, per comprensibili esigenze logistiche, abbiamo lavorato a distanza, in videoconferenza, lui al Cairo, io nel mio studio. Il tiro a volo è uno sport individuale, tuttavia è stato importante “fare squadra” e far percepire agli atleti che tutti noi stavamo puntando ad un unico obiettivo.
Le difficoltà e le barriere da superare sono state molte, anche culturali, poiché gli atleti egiziani hanno mostrato una diffidenza particolarmente elevata nell’applicare alcune tecniche, tra cui il dialogo interno e la visualizzazione. Per questo motivo abbiamo adottato la strategia del “come se” , di cui ho parlato nella Pillola 82, ossia abbiamo portato Ahmed a vivere ogni giorno, in modo autentico, come se fosse già a Rio, come se avesse già disputato una finale, come se avesse già vinto una medaglia olimpica, e l’abbiamo fatto grazie a esercizi molto sofisticati di “consapevolezza aumentata”.
Lo scopo è stato quello di far maturare in lui, gradualmente, la mentalità dell’Atleta Vincente, che pensa come un campione, agisce come un campione, si allena come un campione e gareggia per vincere, perché sa che non ha nulla da perdere, mentre i suoi avversari, pluridecorati e carichi di responsabilità, hanno tutto da perdere.
Gareggiare “per vincere” vuol dire sviluppare la fiducia nelle proprie possibilità, assumersi sempre la responsabilità del proprio operato e dare il meglio in ogni circostanza, senza mettersi a fare calcoli di convenienza. Ogni gara fa storia a sé, ogni serie fa storia a sé, ogni tiro fa storia a sé, e soprattutto un tiro non ha memoria, quindi va affrontato con serenità come se fosse un normale tiro di allenamento, indipendentemente dal fatto che sia il tiro successivo a un errore, il tiro che può determinare il passaggio di un turno o il tiro che vale una medaglia olimpica, che poi è il “segreto” della mia regola numero 9.
Vuoi che te la racconti io? Ok, clicca e guarda il video...
Tu, solo, dentro la bolla, e tutto il mondo fuori
Finalmente arriva l’appuntamento tanto atteso, l’8 agosto, il giorno della gara di qualificazione. A contendersi i sei posti della finale ci sono i 33 migliori tiratori del mondo, e tra questi, c’è Ahmed Kamar. Per ragioni organizzative, non sono andato a Rio, ma nei momenti cruciali era come se fossi lì, perché Alessandro ed io eravamo in stretto contatto telefonico, e lui faceva da tramite con Ahmed.
I miei libri: “Atleta Vincente”, che contiene 47 strategie per diventare campioni nello sport e nella vita, e “Pillole di Coaching”, che propone 60 Esercizi di allenamento mentale e 40 Domande Potenti per diventare mental coach di sé stessi.
Manca l’ultima serie da 25 piattelli, Alessandro mi chiama, lo vedo in tv con il telefono in mano, una scena surreale, considerato che siamo a 10mila chilometri di distanza con cinque ore di fuso orario. «Massimo, siamo a un passo dalla finale – mi dice – ma ora serve la serie perfetta. Ahmed deve fare un 25».
Ci siamo! È il momento di mettere in pratica tutto quello che abbiamo sperimentato in mesi di allenamento mentale. Suggerisco ad Alessandro le parole giuste da usare, perché adesso la comunicazione con l’atleta è fondamentale. Con la sua mediazione, mi rivolgo ad Ahmed e lo invito a mettere in pratica il nostro esercizio sulla consapevolezza, per riprendere il contatto e il dialogo esclusivamente con il suo corpo e le sue sensazioni. Gli dico di “agire per sottrazione”, togliendo tutto ciò che non serve in quel contesto, dalla selva di telecamere al tifo da stadio, la torcida brasiliana, inconsueto per una gara di trap (ci eravamo allenati anche per questa evenienza), e di affrontare la serie da 25 senza contare i colpi, tiro dopo tiro.
Ahmed esegue, inizia a sparare, ogni tanto si volta verso Alessandro per un segno d’intesa concordato, e colpo dopo colpo, rompe 25 piattelli senza nemmeno accorgersene. La serie perfetta che ci voleva. Si qualifica tra i magnifici sei al quarto posto con 119 piattelli, a soli tre piattelli di distanza dal leader Giovanni “Johnny” Pellielo, che di lì a poco avrebbe vinto l’argento, sua quarta medaglia olimpica, con un piattello in più dell’altro fuoriclasse italiano, Massimo Fabbrizi, argento a Londra 2012, e con tre piattelli in più del croato Giovanni Cernogoraz, oro a Londra 2012 e primo del ranking mondiale, clamorosamente rimasto fuori dalla finale di Rio.
Ahmed, ancora frastornato, ma consapevole dell’impresa, è in finale. Nell’ultima serie di 15 piattelli, dalla quale escono i quattro tiratori che si contendono le tre medaglie in palio, commette tre errori, come l’inglese Edward Ling. A quel punto c’è lo shoot-off per la finale del bronzo, una lotteria ingrata dove Ling ha la meglio. Ahmed Kamar, ex illustre sconosciuto, stritolato tra cinque veterani e plurimedagliati dei Giochi Olimpici, chiude Rio 2016 al quinto posto, un risultato inimmaginabile, dopo soli 8 mesi di lavoro.
Alessandro ed io abbiamo sperimentato un Metodo Vincente, grazie al quale costruiremo altri obiettivi di successo nel mondo del tiro a volo. Ahmed, che era impenetrabile, si è aperto, ha superato la diffidenza iniziale riguardo al mental coaching, ha iniziato a dialogare con sé stesso in modo positivo e ha imparato a visualizzare le sue prestazioni. Settimana dopo settimana ha capito l’importanza della qualità del lavoro rispetto alla quantità (tradotto: non è sufficiente sparare, sparare e ancora sparare per arrivare a una finale olimpica), ha maturato la consapevolezza che con la motivazione adeguata “si può fare” e ha imparato ad affrontare le competizioni da Atleta Vincente, trasformando la tensione agonistica, anche quella olimpica, da frustrazione paralizzante a divertimento puro.
È il momento di agire!
Vuoi affrontare assieme a me un programma di allenamento mentale su misura che ti consentirà di affrontare la gara più importante della tua disciplina, da allenatore o da atleta, senza tensioni, con la massima consapevolezza e con la concentrazione necessaria? Contattami e ne parliamo. Come dico sempre, “alza le chiappe dal divano e muoviti, fai il primo passo verso il tuo obiettivo”, e anche rompere il ghiaccio con un’opinione o una domanda è un modo per uscire dal torpore e passare all’azione, non credi? ;)
English version
The dream every athlete has is to participate at the Olympic Games. Being able to take part in a final, depending on the athlete-ethnic group combination, can border on wishful thinking. Let’s just think of the long-distance events where the black Africans totally dominate the scene, or speed races which are a matter just for Jamaicans, Americans and few others in the world. Up until Rio 2016, even shooting was a discipline for the few, and yet a totally unknown man of Egyptian origin, at his first Olympic experience, managed to enter the six best shooter men’s trap final, one of the shooting disciplines, and to handle a potentially devastating amount of pressure. How was it possible?
At the beginning of 2016 I was hired by Alessandro Nicotra di San Giacomo, a former athlete and current coach of the Egyptian men’s trap team, in view of the Rio de Janeiro Olympic Games. I have already spoken in Pillola 94 about this. Within a few months of work, carried out in compliance with the “Winning-Athlete” Formula, Alessandro’s work on technical and physical competence met with the athlete’s mental conviction, my job. Thanks to this we achieved the goal of bringing the young Egyptian Ahmed Kamar not only to the final of the Olympic Games, but also to the shoot-off for a medal, the best result ever for an African shooter.
We started from scratch and, for obvious logistical requirements, we worked remotely, via videoconference, him in Cairo, I in my studio. Shooting is an individual sport, but it was important to “work as a team” and to let all the athletes know we were all aiming at one goal.
The difficulties and barriers to overcome were many, even cultural, since the Egyptian athletes showed a particularly high distrust in applying certain techniques, including internal dialogue and visualization. For this reason, we adopted a strategy called “as if” , of which I spoke about in Pillola 82, that brought Ahmed to live every day, in an authentic way, “as if” he was already at Rio, “as if” he had already played a final, “as if” he had already won an Olympic medal, and we did this thanks to very sophisticated exercises of “increased awareness”.
The purpose was to make him gradually adopt the mentality of the Winning Athlete, thinking like a champion, acting like a champion, training like a champion and participating to win. He knows he has nothing to lose, whilst his multi medalist opponents with loads of responsibility on their shoulders, have everything to lose.
Participating “to win” means to develop confidence in your own ability, to always take responsibility for your own actions and to give your best at all times, without having to make calculations of expedience. Each competition has its own story, each series has its own story, each shoot has its own story, and above all a shoot has no memory, and must be addressed with serenity as if it were a normal workout exercise, regardless of whether it is the shoot after an error, the shoot that can determine passing the next round or the shoot worth an Olympic medal, which is the “secret” of my rule number 9.
The day of the long-awaited men’s trap qualification, programmed for 8th August, finally arrives. The 33 best shooters in the world are competing to gain one of the six places in the final, and amongst these, is Ahmed Kamar. For logistic reasons I didn’t go to Rio, but during the crucial moments it was as if I were there, because Alessandro and I were in close telephone contact, and he was liasing with Ahmed.
It’s time for the final round, only 25 targets left. Alessandro calls me, I can see him on TV holding his phone, a surreal scene, given that we were 10 thousand kilometers apart with a five-hour time difference. «Massimo, we are one step from the final - he says - but now we need the perfect series. Ahmed has to score a 25».
This is it! It’s time to put into practice all we experimented in months of mental training. I suggest the right words to use as it is now that communication with the athlete is extremely important. Through Alessandro, I turn to Ahmed and ask him to put into practice our exercise on awareness, to regain total contact and dialogue with his body and his feelings. I tell him to “act by subtraction”, removing everything that is not needed in that context, from the infinite amount of cameras to the cheering stadium, the Brazilian torcida, unusual for a trap competition (we had also trained for this eventuality), and to tackle the 25 targets without counting the hits, but shoot after shoot.
It is Ahmed’s turn, he starts shooting, sometimes turning towards Alessandro, looking for approval and shoot after shoot he hits 25 targets without even realizing it. The perfect series we wanted. He qualifies as one of the magnificent six finalists in 4th place with 119 targets, just three targets away from the leader Giovanni “Johnny” Pellielo, who would shortly win the Silver medal, his fourth Olympic medal, with one target more than the other top-notch Italian Massimo Fabbrizi, Silver in London 2012, and with three targets more than the Croatian Giovanni Cernogoraz, Gold in London 2012 and first in the world rankings, clamorously left out of the Rio final.
Ahmed, still dazed, but fully aware of what has just happened, is in the final. In the last round of 15 targets, which leads to the selection of the four shooters who compete for the three medals at stake, he makes three mistakes, just like the Englishman Edward Ling. So now for the shoot-off for the bronze medal but Ling has the better of him. Ahmed Kamar, no longer an illustrious unknown, crushed by five veterans and multi-medalists of the Olympic Games, ended Rio 2016 in 5 th place, an incredible result after only 8 months work.
Alessandro and I have experimented a “Winning Method” , thanks to which we will obtain other successful goals in the shooting world. Ahmed, who was very impenetrable at first, opened up to us, overcoming the initial suspicion regarding mental coaching to talking to himself in a positive way and learning to visualize his performance. Week after week, he understood the importance of the quality of his training rather than the quantity of it (in other words: you will not get to an Olympic final just by shooting and shooting at the targets), he understood that with the proper motivation he “could do it” and has learned to deal with competitions as a “Winning Athlete” does, transforming competitive tension, even the Olympic one, into pure fun rather than paralyzing frustration.
Do you want to start a mental training program that will allow you to tackle the most important competition of your discipline, as a coach or as an athlete, without tension, with the highest awareness and concentration needed? Contact me and we’ll talk.