Quando la “rimandite” è il sintomo del perfezionismo negativo
Il perfezionista pretende l’impossibile in qualunque circostanza, da sé, dagli altri e dalle “cose” che possiede o intende acquistare. Ti faccio l’esempio del perfezionista-tipo che è alla ricerca di un potenziale partner. Quando ha di fronte una preda papabile, inizia a fargli la radiografia, sempre più nei dettagli, fino al punto di trovare un difetto, anche impercettibile, che possa giustificare il solito pensiero negativo “non è il mio tipo”, per poi guardare oltre, provando sollievo per lo “scampato pericolo”. Si trova quel che si cerca, quindi se si cerca il difetto, è il difetto che farà la differenza, non il punto di forza.
Per restare in tema, aggiungo che talvolta la ricerca ossessiva del partner perfetto dura incessantemente per tutta la vita, magari fino al giorno in cui la “vocina” del perfezionista (pentito?) si fa sentire e dice che forse quel piccolo difetto, che vent’anni o trent’anni prima pareva inaccettabile, in fondo non era poi così grave… Ma ormai è troppo tardi: quand’era il momento giusto, bisognava concentrarsi sulle particolarità positive al posto di scovare col lanternino quelle negative.
I miei libri: “Atleta Vincente”, che contiene 47 strategie per diventare campioni nello sport e nella vita, e “Pillole di Coaching”, che propone 60 Esercizi di allenamento mentale e 40 Domande Potenti per diventare mental coach di sé stessi.
Sul lavoro, il perfezionista non è mai soddisfatto del risultato che ottiene o della prestazione che si appresta a svolgere. Rimanda, non decide, non chiede aiuto e non delega ad altri, perché li ritiene incapaci di conseguire risultati all’altezza dei suoi standard, dunque tiene tutto per sé, accumula e si logora per il carico che aumenta. E più tenta di raggiungere la “sua” perfezione, sulla base di un modello di valutazione che in genere è ben più elevato di quanto la situazione richieda, più resta intrappolato in un labirinto mentale senza via d’uscita.
Il segreto è buttarsi quando si ha la sensazione di essere all’80% del proprio obiettivo, per poi correggere il tiro in corso d’opera, perché la corsa verso il 100% porta a non iniziare mai, anzi: rischia di trasformarsi nel paradosso di Achille che insegue la tartaruga, lo conosci, vero?
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Prendila con... filosofia!
I ricercatori della scuola di Randy O. Frost, professore di psicologia allo Smith College di Northampton, hanno individuato diverse cause del perfezionismo negativo, tra le quali metto in evidenza queste quattro:
- la paura, del tutto irragionevole, di commettere errori per evitare di essere giudicati male o ritenuti dei falliti;
- il volersi imporre standard di qualità troppo elevati rispetto alle reali necessità;
- la bassa autostima e la conseguente insicurezza che scatena il bisogno irrefrenabile di verificare in modo ossessivo i propri comportamenti e i propri risultati, nel timore che siano errati;
- l’eccessiva ricerca dell’organizzazione e di un sistema rigido e schematico nella programmazione di un’azione, che alla fine comporta ritardi e il mancato raggiungimento degli obiettivi, ossia l’opposto di ciò che si intendeva conseguire.
Fin qui ho trattato gli aspetti negativi del perfezionismo, ma, lo accennavo, ci sono anche aspetti positivi, perché, come sosteneva il filosofo tedesco Johann Gottlieb Fichte,
«La perfezione non è essere perfetti, ma tendere continuamente ad essa».
In molte delle mie Pillole di Coaching, e anche nei video del progetto Atleta Vincente, parlo di motivazione, che definisco come «la forza interiore che ti spinge a cambiare un’abitudine o un comportamento» oppure come «la volontà ferrea di sopportare allenamenti dolorosi e faticosi, tanto dal punto di vista fisico quanto da quello mentale, per migliorare un dettaglio tecnico, per incrementare una prestazione, per raggiungere un obiettivo». Alla luce di quanto detto fin qui, aggiungo una considerazione:
il perfezionismo è patologico se ti frena, ma è un amplificatore della motivazione se ti spinge ad impegnarti per migliorare
Lo sport, che ancora una volta uso come metafora potente della vita, insegna: si può tendere alla perfezione soltanto lavorando sodo e mantenendo la motivazione al livello più elevato possibile per tutto il tempo necessario al raggiungimento di un obiettivo.
Per puntare alla perfezione, buttati nella mischia!
È questo il messaggio che intendo farti arrivare: alla perfezione si può puntare solo “facendo”, ossia migliorando giorno per giorno la propria prestazione, non “evitando di fare”, perché si teme l’imperfezione. Capita l’antifona?
Domanda binelliana: è meglio AGIRE, e ottenere l’80% di quel risultato che sarebbe perfetto secondo il tuo modello di perfezione, oppure NON AGIRE, perché temi che il risultato non sarà perfetto, e dunque non ottenere nulla?
Ricorda che i miglioramenti discendono dalle imperfezioni! Così come dico a proposito di un errore commesso, che va accettato, messo da parte e consegnato serenamente al passato, affinché si possa superare il concetto di fallimento e tornare a crescere (e al proposito ti anticipo che la prossima Pillola, la 92, sarà dedicata ad Accettazione e Autostima), anche riguardo all’imperfezione ti invito ad adottare lo stesso atteggiamento: accettala, buttati nella mischia e punta immediatamente al miglioramento, al posto di rifiutarla in attesa di quella perfezione che non arriverà mai.
È un po’ quello che accade quando iniziamo a studiare una lingua straniera: se aspettiamo di conoscerla come un madrelingua prima di iniziare a parlare, per la vergogna di essere derisi, siamo destinati al mutismo, mentre se con coraggio iniziamo a spiaccicare qualche parola, l’apprendimento sarà più veloce, e certamente più divertente.
La paura di essere imperfetti ci condanna all’immobilismo. L’accettazione dell’imperfezione ci sprona ad agire per migliorare, senza alibi.
È il momento di agire!
Vuoi saperne di più su come anche tu, grazie all’allenamento mentale, puoi iniziare ad accettare con consapevolezza le tue imperfezioni, primo passo verso il miglioramento e il potenziamento della tua autostima? Contattami e ne parliamo. Come dico sempre, “alza le chiappe dal divano e muoviti, fai il primo passo verso il tuo obiettivo”, e anche rompere il ghiaccio con un’opinione o una domanda è un modo per uscire dal torpore e passare all’azione, non credi? ;)