Mindset, una parola che è tutto un programma
Da qualche anno, tuttavia, vincendo una certa resistenza iniziale, anch’io ho iniziato a usare una parola che in sé racchiude l’intero concetto: Mindset. È un termine inglese che significa “mentalità” o “forma mentis”. È uno dei pochi anglicismi, infatti, assieme a mental coach, coachee, mental coaching e a tutte le sue declinazioni, tra le quali sport mental coaching e life mental coaching, che ho adottato nell’ultimo libro “Pillole di Coaching”, perché fanno parte del lessico della mia professione e ormai vengono largamente impiegati e accettati nella lingua italiana.
Ancora più di recente, prima nella mia formazione rivolta agli aspiranti mental coach e poi anche nel coaching individuale, ho introdotto i concetti di Mindset Statico e Mindset Dinamico, basandomi sulle ricerche di Carol Dweck, docente di psicologia presso la Stanford University e autorità nel campo degli studi sulla personalità, della psicologia sociale e della psicologia dello sviluppo.
Come passare dal Mindset Statico al Mindset Dinamico
La Dweck, nel suo libro “Mindset. Cambiare forma mentis per raggiungere il successo”, esplora due principali tipi di mentalità che influenzano profondamente il nostro approccio alla vita e al successo: il Mindset Statico (Fixed Mindset), costruito sulle convinzioni granitiche che abbiamo maturato riguardo alle nostre (presunte o inculcateci da altri?) capacità e il Mindset Dinamico (Growth Mindset), incentrato sul processo per migliorarsi.
Chi possiede un Mindset Statico crede che le proprie abilità, intelligenza e talenti siano qualità fisse e immutabili, come se fossero tratti definitivi. Di conseguenza, le persone con questa mentalità tendono a evitare le sfide e ad arrendersi di fronte alle difficoltà, poiché queste situazioni potrebbero evidenziare i loro limiti. La paura del fallimento è centrale nel loro comportamento, portandoli a rifuggire dal rischio e dalle critiche.
Lo schema che riassume il concetto di Mindset Statico è questo:
HO SBAGLIATO > ALLORA NON È VERO CHE HO TALENTO > MI DEMORALIZZO > MOLLO
Di contro, il Mindset Dinamico (Growth Mindset che possiamo tradurre come "Mentalità di Crescita") si basa sulla convinzione che le abilità e l’intelligenza possano essere sviluppate attraverso l’impegno, l’apprendimento e l’esperienza, ovvero tramite un processo consapevole e specifico di duro lavoro. Chi adotta un Mindset Dinamico vede le sfide come opportunità di crescita e considera l’errore una parte naturale del suo apprendimento. Di conseguenza, è più disposto ad affrontare situazioni nuove, persistere nei momenti difficili e trarre insegnamenti dalle critiche.
Lo schema che riassumo il concetto di Mindset Dinamico è questo:
HO SBAGLIATO > ANALIZZO > REAGISCO > POSSO MIGLIORARE
Il focus, dunque, è sul PROCESSO, non sul RISULTATO! Che è un po’ come dire “MI PIEGO MA NON MI SPEZZO”, sintesi estrema della RESILIENZA.
Growth Mindset: dal RISULTATO al PROCESSO
Come spiega con numerosi esempi Carol Dweck nel suo libro, la nostra mentalità non è innata o definitiva: possiamo passare da un Mindset Statico a uno Dinamico, adottando la consapevolezza che i nostri sforzi e il nostro atteggiamento verso l’apprendimento possono ampliare le nostre capacità e portarci a risultati più soddisfacenti. In altre parole, noi non dobbiamo pensare di essere limitati da un Mindset Statico, bloccato nelle convinzioni rigide sulle nostre capacità, ma possiamo evolverci verso un Mindset Dinamico, in cui coltiviamo la convinzione che il nostro impegno, la nostra perseveranza e il nostro atteggiamento aperto verso l’apprendimento possano essere strumenti fondamentali per ampliare le nostre capacità. Adottando questa consapevolezza, ci apriamo alla possibilità di ottenere risultati più soddisfacenti e duraturi, riuscendo a superare le sfide e a trarre il massimo dalle esperienze, valorizzando i nostri sforzi e i progressi continui lungo il percorso di crescita personale e professionale.
Un esempio di Growth Mindset
Nella mia attività di Sport Mental Coach, ho messo in pratica varie volte questo principio. Posso citare il caso di un giovane tennista che aveva la testa intrisa di convinzioni inculcategli nel corso degli anni da genitori e allenatori vari: “Ma che talento che hai”, “Hai la stoffa del campione”, “Hai classe da vendere”… La sua fiducia e la sua autostima, tuttavia, erano sulle montagne russe, perché dopo ogni sconfitta, che capita anche ai migliori, figuriamoci a chi sta appena iniziando il suo lungo cammino verso il successo, nella sua testa iniziavano a ronzare pensieri negativi come: “Allora non è vero che ho talento”, “Ma quale stoffa del campione! Sono una schiappa, se non vinco partite come questa”, “Dove sta la mia classe, se perdo con un pallettaro?”.
Con questo atleta ho attuato un percorso di allenamento mentale per spostare gradualmente il suo focus sul processo per migliorare, a prescindere da quale fosse il suo vero valore. Dopo ogni sconfitta, l’ho spinto a mettere in atto l’autovalutazione, chiedendosi quale insegnamento fosse scaturito da quell’errore grazie a due domande potenti per innescare la reazione e il successivo cambiamento.
- Rispetto a tutto ciò che ho fatto, cosa avrei potuto non fare e cosa sarebbe cambiato?
- Rispetto a tutto ciò che non ho fatto, cosa avrei potuto fare e cosa sarebbe cambiato?
Il vero Atleta Vincente è colui che reagisce alla sconfitta, archivia l’errore e riparte immediatamente con una nuova motivazione verso il prossimo obiettivo, verso il miglioramento, senza mai mettere in dubbio il proprio valore.
È il momento di agire
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